Quante volte te lo sei detto? “Sono fatto così, non posso farci niente…”
…
Il nemico numero uno dell’evoluzione personale (e quindi del Risveglio Digitale) è quel fenomeno che possiamo definire idea statica di se stessi.
Cosa intendo per idea statica di se stessi? Intendo quel vedersi come un qualcosa di fisso, immutabile; quel “sono fatto così, non posso farci niente”; quella sorta di certezza interiore, a volte quasi fisica, di non poter essere diversi da come si è.
Questo fenomeno è in assoluto uno dei più grandi ostacoli all’evoluzione personale perché impedisce di sperimentare, migliorare e, appunto, evolvere.
( Sull’argomento ti consiglio anche il doppio articolo Mindset Dinamico: come può cambiarti la vita )
L’idea statica di se stessi va di pari passo con la famosa zona di comfort: quell’insieme di abitudini, azioni, certezze e modi di pensare che ci fanno sentire al sicuro e da cui è difficile distaccarsi. Quando usciamo da questa zona di comfort, dalla bolla di realtà che ci è familiare, ci sentiamo a disagio, quasi in pericolo. Guarda caso però, proprio uscire dalla nostra zona di comfort è l’unico modo per evolvere e superare l’idea statica di se stessi.
Ho individuato 5 caratteristiche fondamentali dell’idea statica di se stessi.
1) “Sono fatto così” – Come parliamo di noi stessi (e con noi stessi)
Ogni volta che diciamo ”io sono uno che…”, “non sono quel tipo di persona…”, “non posso farci nulla, sono fatto così”…
…ci stiamo ponendo dei limiti. Mettiamo in piedi degli schemi fissi e rigidi che ci tengono fermi nel passato e ci impediscono di creare un futuro diverso dal presente. In realtà alcune delle doti essenziali dell’essere umano sono flessibilità, adattabilità, plasticità… Abbiamo tutti la possibilità di apprendere non solo nuove abilità ed informazioni, ma anche nuovi comportamenti, nuovi modi di pensare, nuovi modi di approcciarsi alle situazioni.
Il problema delle frasi alla “io sono una persona che…” è che con poche e semplici parole – in apparenza innocenti – ci convinciamo che certi schemi di azione e pensiero siano per noi inevitabili. Così facendo confermiamo di continuo l’idea statica che abbiamo di noi stessi.
In realtà, ogni volta che ci diciamo frasi del genere, dovremmo subito ricordarci che possiamo agire, pensare ed essere diversamente dal modo in cui crediamo di dover agire, pensare ed essere.
2) La maschera della coerenza
Il bisogno di coerenza è un motore interiore che influenza le nostre azioni e le nostre scelte. Non a caso infatti, Robert Cialdini nel suo celebre libro considera la coerenza una delle Armi della Persuasione.
Possiamo anche considerare la coerenza un vero e proprio valore. Quando una persona manca di coerenza, con facilità viene vista e percepita come inaffidabile. Ovviamente vale anche il contrario: la coerenza è sinonimo di affidabilità.
Allo stesso tempo però, tante persone ritengono che essere coerenti significhi non cambiare mai idea e rimanere ancorati sulle proprie posizioni in modo definitivo. Questo tipo di coerenza, quando portato agli estremi, diventa una scusa che blocca l’evoluzione personale. Ci nascondiamo dietro la maschera della coerenza per non uscire dalla zona di comfort, cioè per non mettere a rischio l’idea che abbiamo di noi stessi. Un’idea che in questo modo, inevitabilmente, rimane più che mai statica.
3) Il processo di sviluppo dell’identità viene bloccato
Tutti noi ci siamo creati, ad un certo punto della nostra vita, un “Io”, ovvero un’identità con cui stare al mondo. E’ un processo normale, fisiologico, che va avanti e si perfeziona. Il problema è che a un certo punto, da adulti, blocchiamo questo processo ed entriamo in un’idea limitata di noi stessi. Il nostro “Io” diventa fisso, immobile, quindi limitato.
Il punto è che non abbiamo un solo “Io” ma molteplici, che si alternano a seconda delle circostanze. E soprattutto, questi “Io” sono modellabili, cioè possono evolvere, cambiare, migliorare. Basta dargli loro la possibilità di farlo e non chiuderli in un recinto di idee preconfezionate.
4) Il falso problema della dualità Talento vs Allenamento
Nella nostra società vige il mito del talento. Soprattutto per quanto riguarda settori come l’arte, la musica, la scrittura, la creatività in generale, a volte lo sport, sembra che il talento sia tutto. O ce l’hai o non ce l’hai. E se non ce l’hai, caro mio… è inutile che ci provi.
Il punto però è che il talento non si esprime per magia. Non ci porta a comporre un capolavoro di musica classica dalla mattina alla sera senza alcuna preparazione, né ci consente di creare un romanzo straordinario in una settimana, senza aver prima sperimentato le gioie dello scrivere con ispirazione e i dolori di non avere niente da spiattellare su quel maledetto foglio bianco.
Il talento si esprime attraverso l’allenamento, che è proprio ciò che in apparenza sta al suo opposto. Perché dovresti allenare un talento? O ce l’hai o non ce l’hai, giusto? No, sbagliato.
La dualità tra il mito del Talento e la dura quotidianità dell’Allenamento è un falso problema, ma ho sperimentato in prima persona quanto possa essere limitante. Per tantissime persone questo meccanismo si traduce, nella pratica, in un auto-inganno. Si tratta di un sabotaggio di se stessi che conduce all’immobilità, al non fare, al non agire, al non sperimentare… proprio per la paura – spesso illusoria – di scoprire di non avere quel dato talento (scrivere, cantare, ballare, praticare un certo sport…) Perché il talento o ce l’hai o non ce l’hai giusto? No c***o, sbagliato!
…last but not least…
5) Inganno Spiritual-New Age del “tutto è perfetto”
“Tutto è perfetto”… Questa è la conclusione comune a cui sono giunti tutti coloro che hanno realizzato se stessi, raggiunto l’illuminazione, il risveglio, che hanno scoperto il divino dentro di sé… chiamalo come ti pare.
E fino a qui tutto bene. Anche a me è capitato di avere esperienze di risveglio, in cui ho potuto vedere, ascoltare e quasi toccare con mano la perfezione di ciò che esiste…
Il problema dove sorge allora? Nel fatto che usiamo certe verità per raccontarci delle bugie. Le facciamo diventare scuse per evitare di migliorare noi stessi.
La perfezione di cui parla chi si risveglia è qualcosa che va oltre ogni possibile spiegazione e comprensione razionale. Il problema nasce quando scambiamo questa perfezione dell’Essere che viene percepita da chi si risveglia, con la nostra idea di perfezione.
La nostra idea di perfezione, nel 99% dei casi, è infatti una perfezione statica, un perfetto non perfettibile, qualcosa che ha raggiunto il suo apice e che dunque non può essere migliorato in alcun modo. Perfetto è per definizione ciò che non ha bisogno di aggiunte, miglioramenti… E questo conduce tanti di coloro che fanno un percorso spirituale ad un sillogismo a dir poco limitante. Del tipo “se tutto è perfetto, tutto è Uno, come dice il maestro *****(nome di un guru a caso), allora anche io sono perfetto, allora non devo e non posso migliorarmi.”
Signore e signori, abbiamo davanti uno dei sabotaggi più classici, cioè l’usare presupposti veri (“tutto e perfetto”) come scuse per non crescere e mettersi in gioco. In altre parole, si tratta dell’ennesimo modo per rimanere impantanati in un’idea statica e limitata di se stessi.
Bravo Giulio, dopo sta menata…
…cosa bisogna fare per non cadere nell’idea statica di se stessi? Per smettere di ripetersi “non posso farci nulla, sono fatto così”?
A) La primissima cosa da fare è osservare se stessi. Non puoi davvero modificare te stesso se non hai consapevolezza. Dunque comincia ad auto-osservarti nei tuoi comportamenti quotidiani, ad ascoltare i tuoi pensieri ricorrenti e le risposte che dai a persone e situazioni.
Più ti osservi, più puoi accorgerti delle volte in cui ti ingabbi in un modo di pensare fisso e statico. Puoi capire quando sei solito non darti la possibilità di cambiare, di esplorare e di sperimentare nuovi modi di agire, pensare, essere.
B) Il secondo passo, dopo essersi osservati… è l’azione! Ti sei accorto che hai un’idea statica di te stesso in un certo ambito? Scegli di darti una nuova possibilità e cambia! Fai cose diverse, pensa in modo diverso, sii diverso… vedrai che nuovi risultati arriveranno presto e che col giusto tempo avrai modellato te stesso in una nuova forma…
C) Il terzo passo è quello decisivo… affronta il disagio. Ogni volta che sperimentiamo qualcosa di nuovo e proviamo un certo disagio, una sensazione di incertezza, di più o meno grande paura… stiamo evolvendo. Ciò che ci è conosciuto e familiare ci fa sentire al sicuro (anche se spesso non ci porta da nessuna parte) mentre l’ignoto ci spaventa. In modo automatico siamo portati a evitare ogni dolore (siamo programmati per questo… e anche le larve lo sono), ma così facendo non usciamo mai da quella zona di comfort che ci impedisce di crescere e di migliorare.
Credi di non essere in grado di affrontare il disagio?
In realtà sono sicuro che lo hai già fatto svariate volte. Quando? Tutte le volte che hai imparato qualcosa di nuovo. Quando hai appreso un lavoro da zero, quando ti sei trovato in una situazione inedita, quando hai conosciuto nuove persone ecc.
Pensa per esempio a qualcosa che all’inizio ti causava disagio e incertezza, ma che con la pratica è diventato familiare… e magari adesso ti riesce in modo automatico e con totale sicurezza.
Come dicevo all’inizio, pensiamo di essere statici ma in realtà siamo flessibili e ci possiamo abituare a tutto… basta abituarsi. Osservarsi, allenarsi, buttarsi.
Ci si vede Oltre…
Giulio
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